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La goccia

  Rimproverarsi senza esserne sicuri, riflettere fissando nel vuoto. Saper che la goccia  ancora oggi scava la roccia. Il tempo scorre e modella  gli ideali in prospettive diverse: sarà luce, oppure oscurità sulle lusinghe di cose incompiute. Immaginare, osservare, ascoltare, è tutto quel che scrivo a quel che dico sulle vicende della vita, sulla felicità,  sulla frustrazione, alla gloria che viene e va  nei fuochi perversi dell'umanità. Insomma, chi siamo in realtà, se non pezzi di carne con una scatola grigia con dentro le nostre convenzioni sociali ognuna diversa dagli altri. Nessuno ricorda quando si nasce, come nessuno sa dopo la morte. Godersi la vita è l'unico modo per togliersi di dosso tutto quello che nuoce, perché quando sai di non sbagliare, non esiste una ragione plausibile che possa adeguarsi  alla politica, a religioni, o pirati d'ogni specie, sarebbe rischiare di naufragare. E io non so nuotare .

Il Fazzolettino di seta






Un piccolo fazzoletto bianco piegato e ben curato
sul tavolino di un bar ho trovato.
Forse usato da mani nobili, per asciugare lacrime
 di gioia o di dolore, poi dimenticato
tra una tazzina vuota, un cucchiaino e uno spicchio
di limone. Un fazzolettino di seta, elegante,
che non si vedono più, con le iniziali ricamate
nell'angolino, come una foto ingiallita dal tempo
di una signorina dai modi gentili.
Questo immaginai, mentre ammiravo quel piccolo
fazzoletto abbandonato su quel tavolo di un bar
 nel centro di Milano. Dopo qualche esitazione,
avvicinai la mano per toccare quel piccolo cimelio
che tanto mi attraeva, poi lentamente, lo avvicinai al naso
cogliendo con piacere un delicato profumo di vaniglia
che emanava dal sottile tessuto; spinto dal suo antico
fascino, lo aprii del tutto, per catturare tra le quattro
pieghe tutto il suo aroma; ma qualcosa di inaspettato
mi sorprese nel vedere che tra quel candido bianco,
un punto rosso si dilatava fino a diventare una macchia
di sangue che scendeva verso il basso,
in direzione delle piccole iniziali. Tra lo stupore di ciò,
mi richiamò l'attenzione del rumore della pioggia
che cadeva fuori a catinelle, e di seguito le grida disperate
di passanti accalcati di fronte al bar; immaginai
che qualcosa di terribile fosse accaduto, cosi mi alzai
dalla sedia e a passo svelto mi diressi alla porta a vetro del bar.
C'era un tram fermo, e la gente guardava allibita
verso il basso poco distante dalle ruote di esso.
Uscii, ma prima di farlo pagai il caffè, tornai al tavolo
a prendere l'impermeabile poggiato sulla sedia,
e mi accorsi che sul tavolino vicino alla tazzina
non c'era più il fazzolettino; domandai al cameriere
se oltre me avesse notato qualcun altro avvicinarsi
al tavolo, la sua risposta fu no. Non pioveva più,
s'era fatto buio, le luci della polizia e dei mezzi di soccorso
illuminavano di blu e giallo le cose e le facce dei curiosi,
mi avvicinai con le gambe tremolanti, scorsi tra le divise
arancioni il corpo di una ragazza distesa lungo l'asfalto
bagnato, non si muoveva, sembrava morta,
accanto alle sue mani scorreva un rivolo del suo sangue
che si soffermava su di un foglietto di carta bianca;
guadagnai qualche metro e quasi incredulo,
quel pezzettino di carta era in realtà il fazzolettino
del bar, mi chinai e lo afferrai come fosse una cosa
caduta dalla mia tasca, indietreggiai mentre coprivano
il suo corpo con un lenzuolo bianco; ero frastornato e confuso.
Tornando a casa accostai la macchina, tirai fuori dalla tasca
il fazzolettino ancora bagnato con le iniziali di quella giovane donna,
che da poco aveva perso la vita gettandosi sotto le ruote del tram;
sfiorai con le labbra il piccolo fazzoletto, e con estrema dolcezza
lo tenni stretto al petto. Mentre lo facevo un dubbio mi assalì:
ma i morti muoiono davvero?



Finito di scrivere 2014




Commenti

  1. Anonimo2/08/2016

    racconto triste e originale nel suo contesto.
    manu

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